lunedì 21 giugno 2010


VELOCITA', MITO IN DECLINO

"Ahò, ma 'ndo cori? T'aspettano ar cimitero?", chiedono con smagato sarcasmo i romani ai sempre affannati milanesi, che corrono anche quando non serve (cioé quasi sempre). Guardo con distacco da entomologo i miei simili agitarsi come formiche impazzite nei formicai delle nostre città: movimento insensato, traiettorie imcomprensibili, frenesie senza motivo. Perché corriamo? Calma, ragazzi. Fermiamoci un attimo a riflettere. Nove volte su dieci corriamo perché tutti corrono, per puro spirito gregario. Solo in alcuni casi la velocità è necessaria. Ma càpita di rado. Corriamo per dimostrare qualcosa? Qualche volta. Per esempio, in macchina. Per far capire che la nostra auto è più potente di quella degli altri. E' un sintomo più maschile, ma sta contagiando anche le donne. Corriamo per far capire che siamo fighi? Sì, spesso. Per dimostrare mente pronta, riflessi scattanti. Correre è spesso un modo per ostentare potere. O almeno così era fino a qualche anno fa. Perché ora si fa largo un nuovo modo di essere "fighi": quello di concedersi il supremo lusso della lentezza. Ha cominciato Slow Food (in antitesi al fast food, decisamente fuori moda e relegato a fenomeno da terzo mondo), poi sono arrivati i viaggi slow, le città slow, i vini slow e via enumerando. Il vivere slow è ormai un manifesto filosofico, un modo di vivere, un'appartenenza. Vi ricordate la tipica frase Anni Sessanta: "Ueh, ho fatto Milano-Genova in un'ora, casello-casello!". Adesso, chi mai la direbbe senza rischiare di apparire terribilmente datato? Sembra una sciocchezza, ma dimostra quanto si sia evoluto il nostro atteggiamento molto più di qualsiasi analisi sociologica. La lentezza sta - lentamente, come si conviene - prendendosi la sua rivincita. Sempre più persone amano fare turismo lento in bici o a piedi. Il Camino di Santiago (800 km da percorrere rigorosamente a passo d'uomo) non ha mai conosciuto tanti proseliti, nemmeno del Medio Evo. Hanno iniziato le avanguardie cultural-sociali (come sempre), ma il cambiamento sta penetrando profondamente nella società, di pari passo con il declino dell'emblema stesso della velocità: il motore a scoppio. Un vecchio arnese futurista celebrato da Balla un secolo fa, che sta per andare in pensione, sostituito da un'altra modalità di spostamento più rispettosa dell'ambiente, delle nostre orecchie, dei nostri ritmi naturali. Sarà una rivoluzione lenta, ma costante. E il nostro mondo frenetico diventerà, un po' alla volta, un ricordo di cui sorridere, tra cent'anni, quando i nostri nipoti innaffieranno i fiori messi a dimora nell'auto di nonno Paolo, in giardino.