martedì 30 marzo 2010

ABBASSO I "ROTOLONI" ....... E BUONA PASQUA!

Cari amici e parenti, che stoicamente seguite le mie elucubrazioni da grafomane, lasciate che vi ringrazi! Il vostro affettuoso sguardo rende le mie suonate alla tastiera del pc meno solitarie e disperate, nel cuore della notte (io creo quasi sempre mentre i cristiani normali dormono il sonno dei giusti... ma non ditelo alla Neuro!). E' quasi Pasqua, non voglio tediarvi con argomenti troppo impegnativi, quindi vi parlerò di un dettaglio piccolo piccolo nelle nostre vite angariate dal cattivo gusto: gli animali "rotoloni" degli autogrill, quelli che quando gli passate di fianco, ignari, si mettono a ridere di risate inquietanti come quelle di Hannibal the Cannibal e a rotolare su se stessi, in preda ad una sorta di ballo di san vito. Non so cosa ne pensate voi, ma ho visto raramente dei giocattoli (?!) più orridi di questi e mi chiedo con apprensione a quale genitore sadico (di questi tempi ne girano parecchi) possa mai venire in mente di regalare un oggetto tanto assurdo a un povero bambino indifeso... Visto che state sciamando come tutti verso il solito fantozziano esodo pasquale, che vi vedrà garruli avventori di autostrade e autogrill, vi scongiuro: NON COMPRATE i "rotoloni"!!!!! Temo che nuocciano gravemente e forse irrimediabilmente al senso estetico dei vostri bambini e di certo alle nostre orecchie, straziate da queste risa agghiaccianti mentre tentiamo di bere in pace il nostro caffé... Vabbé, se proprio vi siete dimenticati di portare un regalino al figlio della zia Pina o al cugino Pierfrancesco, optate senz'altro per un più gradevole ed eterorispettoso UOVO DI PASQUA!
E con questa accorata preghiera, vi mando un augurio sincero di felice e spensierata Pasqua, con affetto

P.S.
Per par condicio, vi segnalo qui sotto l'opinione dell'agnello


giovedì 25 marzo 2010

E' PRIMAVERA... CAMBIAMO ABITUDINI

Incredibile ma vero, è arrivata anche quest'anno. Non ce la meritiamo, lo so, ma è commovente e consolante vedere di nuovo il risveglio della natura: fiori gialle e foglie lucide che spuntano miracolosamente da certi rami rinsecchiti, dove fino a pochi giorni fa si accumulavano polveri sottili e smog. Grazie, primavera. Dunque, dovremmo anche noi assecondare questo rinnovamento per liberarci di cose/abitudini dannose. Per esempio: avete notato l'incredibile quantità di oggetti che ingombrano le nostre spesso minuscole case? Un profluvio di inutile paccottiglia per produrre la quale il Terzo Mondo sta diventando più inquinato della valle della Ruhr e la classe operaia cinese è più sfruttata dello zio Tom nella Louisiana dell'800. Robetta di nessun pregio che però contribuisce al global warming, che abbiamo comprato o ricevuto in regalo da improvvidi amici, proveniente in apparenza dai quattro angoli del mondo, ma in realtà (verificate) tutta rigorosamente made in china e di pessima fattura: gatti di legno, quadretti in stile africano, collane di conchiglie, su su fino al trionfo del kitsch della gondola in madreperla o la palla con la neve ripiena della Sagrada Familia di Barcellona... Un'alluvione di inutili schifezze che ci opprime. Bisogna liberarsi. Il feng-shui, ma soprattutto il buonsenso, ci dicono che questo horror pleni ci attossica la vita, ci fa venire malesseri bizzarri, oppressi come siamo dal peso dell'inutile che ci portiamo sul gobbo. Un paio di consigli: evitate accuratamente - in preda all'entusiasmo per l'artigianato locale - di acquistare souvenirs di viaggio e, soprattutto, chiedete perentoriamente a familiari e amici di NON portarvi ricordini... Piuttosto, meglio optare per prodotti alimentari, che almeno sono biodegradabili e aiutano l'agricoltura locale! Secondo consiglio: leggetevi il libro di Mary Lambert "Ogni cosa al suo posto e un posto per ogni cosa" (Corbaccio editore, 14 euro) che spiega molto meglio di me perché basta fare un po' di vuoto nella nostra vita e nel nostro spazio per cominciare a respirare e a stare meglio. Le pulizie primaverili vi aiuteranno: buttate senza pietà. Non ve ne pentirete. Vengo al secondo consiglio. Premessa: avete notato che tra scale "tradizionali" e scale mobili, il 98% sceglie le seconde? Sono forse gli stessi che trovate durante il week end in palestra, sudati e assatanati, tra tapis roulant e pesi, cupi come dannati nel girone dantesco dei sovrappeso. Ma andare in palestra una volta o due la settimana non serve a molto, se quotidianamente non si ha uno stile di vita sano. Il che vuol dire camminare, fare le scale a piedi, non perdere occasione per muovere la gambe. Tutto il contrario di questi atleti della domenica, che con le loro saltuarie attività pseudo sportive, inframmezzate da abbondanti razioni di automobile, cibo e libagioni, rischiano pure il classico "colpetto".... Non serve fare gli scongiuri di rito: bisogna cambiare vita. Approfittiamo della bella stagione per farlo: bando a scale mobili e mezzi a motore, largo alle passeggiate, ai gradini e all'aria aperta. Funziona.

giovedì 11 marzo 2010

8 MARZO E LA SINDROME DEL POLLAIO

Siamo felici, noi donne, dei 6 Oscar assegnati a Kathryn Bigelow, guardacaso proprio il fatidico 8 marzo? Personalmente, non capisco gli hurrà di giubilo. La signora è certamente brava e bella, ha avuto anche la soddisfazione non piccola di prenderne due (di statuette) più dell'ex-marito, agguerritissimo concorrente con il suo kolossal "Avatar". Sono cose - come dice una pubblicità - che non hanno prezzo. Ma il contentino dell'8 marzo, diciamocelo, comincia a sapere di muffa. Intanto ci fanno sapere (fonte Istat) che le donne qui in Italia - lo sfasciume pendulo in mezzo al Mediterraneo - a parità di mansioni, guadagnano il 20% in meno rispetto agli uomini e in compenso lavorano in casa il 40% in più, cosa della quale peraltro ci eravamo accorte anche da sole. Cosa manca dunque a noi tutte per sfondare il soffitto di cristallo che ci tiene sempre "sotto"? A mio parere, un paio di cosette di non facile soluzione, in quanto entrambe profondamente connaturate nella cultura subalterna che ci viene inflitta fin da bambine: 1) che per farsi largo nella vita bisogna essere sessualmente attraenti, mentre ai nostri colleghi uomini è concesso di essere serenamente grassi o calvi o banalmente inguardabili senza che questo incida minimamente sulla loro aspettativa di carriera. Mi irrito sempre quando qualcuno commenta in senso estetico una donna politica o una scienziata, come se il requisito della bellezza fosse un elemento di giudizio professionale. Ma vi siete visti???? 2) che le altre donne sono nemiche da cui guardarsi. E' un tasto delicato, ne sono consapevole, ma è ora di parlare apertamente dell'invidia e della gelosia che proviamo per le altre donne, più belle o più brave o più fortunate di noi. E della nostra tragica incapacità di fare squadra, di essere solidali. Un esempio? Uno banale, ma diffusissimo. Ho più volte sentito dire, anche da persone acculturate, che in caso di tradimento del marito le maggiori vendette sarebbero state riservate all' "altra". Strano, no? Il patto di fiducia l'abbiamo con un lui, è lui che ci tradisce, ci nega, ci fa sentire rifiutate, ci offende, ma noi le nostre invettive le riserviamo principalmente a LEI, la rubamariti, la sfasciafamiglie, la puttana. Riflettiamoci: sembra una cosa da poco, ma dentro questo odio c'è tutto il nostro sentirci gregarie, incapaci di avere con il maschile il rapporto di pari dignità che dovrebbe essere normale. Per questo ce la prendiamo, stoltamente ma significativamente, con un'altra donna, invece di rompere una vaso da fiori sulla testa di lui, unico traditore del nostro amore e della nostra fiducia. Concludo questa mia riflessione un po' amara invitandovi/mi - ogni volta che proviamo invidia o gelosia verso una donna - a chiederci se in quel momento non stiamo ancora una volta ribadendo la nostra "sindrome del pollaio": beccarci tra noi per avere l'attenzione del gallo.

martedì 2 marzo 2010

UN PRIMO MARZO SU CUI RIFLETTERE

Oggi, mentre passeggiavo per Milano, notavo qualcosa di strano nel paesaggio umano: non c'erano vecchietti malfermi sostenuti da badanti, né bambini in passeggino spinti da signore di colore, né i soliti crocchi di colf multicolori che si fanno compagnia mentre i cani loro affidati corrono festosamente sui prati spelacchiati che la città avara può offrire... In compenso, vedevo molti figlioletti stranamente affidati a nonne un po' spaesate, e molti altri da soli - come se fosse giorno di vacanza scolastica - a giocare a pallone nel parco. Mentre col retrocranio registravo queste strane immagini, così poco consuete, mi domandavo cosa mai avesse potuto produrre un cambiamento tanto drastico.... Poi, ho letto il giornale. Ma certo! Oggi era il primo giorno di sciopero dei lavoratori extracomunitari, un nome orribilmente burocratico per definire tutte quelle persone che da anni risiedono nel nostro Paese e ci assistono in mille necessità, svolgendo lavori e prestando cure di cui non vogliamo più occuparci. Proprio loro, i silenziosi compagni delle nostre vite, quelli che puliscono le nostre case, sorvegliano le portinerie dei nostri bei palazzi, crescono i nostri figli mentre noi siamo impegnati a fare carriera o, molto più semplicemente, guadagnarci da vivere, accudiscono i nostri vecchi ai quali non abbiamo più spazio e tempo da dedicare. E' inutile girarci attorno: da tempo i nostri stili di vita ci hanno imposto di separarci dalle persone più fragili e bisognose di cure, i soggetti sociali che - non avendo più o non avendo ancora la capacità di produrre reddito (unica attività degna di rispetto in questo contesto storico-economico) - vengono relegate a cure mercenarie, per permettere a noi di produrlo, questo maledetto reddito: i nostri figli, i nostri padri, le nostre madri, cioé il nostro futuro e il nostro passato, due dimensioni che hanno sempre meno spazio e rilevanza nella società attuale, che vive di un ossessivo presente consumante. Conosco casi di paradossale, cosmica iniquità, dove baby sitter cingalesi sono costrette dal bisogno ad abbandonare i loro bambini in patria per venire qui a curare i nostri, dilaniate dal dolore e dalla nostalgia: bambini che non vedranno crescere, esattamente come noi, che i nostri li vediamo solo alla sera, per un tempo breve e già esausto dalla lunga giornata. Io non so, davvero, come e cosa dovrebbe cambiare in questo stato di cose paradossale e tragico: il problema è troppo grande e complesso. Ma di certo so che questo primo marzo ci deve far riflettere su come siamo ridotti tutti quanti. E chiederci se è giusto, se è immutabile, se è umano. Per questa volta, non ho suggerimenti da dare nè a me, nè a voi, se non quello, umile e sommesso, di tenerci da conto queste persone preziose e lottare perchè ci sia un futuro più giusto in cui possano tornare dai loro genitori, dai loro figli lontani. E noi dai nostri.