lunedì 22 febbraio 2010

PEDONI DI TUTTO IL MONDO... INCAZZATEVI!

Un tempo lontano, i marciapiedi erano luoghi sacri, dove il pedone si sentiva tranquillo e andava sicuro per la sua strada, fischiettando. Ora i marciapiedi sono pieni di insidie, quasi peggio delle strade, perché ci promette un'illusoria protezione che non ci offre più. I nostri "nemici" sono tanti: ciclisti con il cellulare all'orecchio e una mano sola sul manubrio che - non osando più affrontare la sede stradale loro riservata, ormai diventata una jungla assassina - si tuffano distratti tra i pedoni, facendo pericolosi slalom; poderose Cayennes (nome inquietante... I proprietari saranno ex-ergastolani sfuggiti al penitenziario più famoso del mondo? Certe volte vien da pensarlo) parcheggiate con arroganza anche su cordoli alti 30 cm o più; monopattini guidati spericolatamente da pargoli con casco d'ordinanza, ziz-zaganti tra pedoni che ne sono sprovvisti, poveretti; passeggini da combattimento, equipaggiati di optional peggio delle auto di James Bond, portati in giro con aria aggressiva da mamme-guerriere che attraversano la città a tutta birra, con cellulare all'orecchio e passeggino contundente (ma penseranno che la condizione di maternità le sollevi dal rispetto delle regole?); senza contare i "normali" ostacoli che rendono il cammino del pedone in città un vero e proprio percorso di guerra: ponteggi, lavori in corso, ordinario e inarginabile parcheggio libero di ogni genere di veicoli, in posizioni spesso acrobatiche.
E per finire, un fenomeno che riguarda indifferentemente città e paesi: la progressiva cancellazione del marciapiede stesso, come luogo "che non rende", sempre più sacrificato sull'altare delle irresistibili, ma soprattutto remunerative, esondazioni della speculazione immobiliare, che - come un termitaio - sta corrodendo dall'interno il nostro vivere comune, occupando militarmente ogni spazio.
Che fare? Non molto, purtroppo. A mio parere, non resta che organizzarci (che so, potremmo fondare il movimento "Pedoni incazzati", o "Giù le gomme dal marciapiede", ad esempio) e andare a difendere le nostre sacrosante ragioni presso gli enti che - almeno in teoria - dovrebbero stare dalla nostra parte: Comuni, Province, Regioni, Associazioni. Ma mentre i ciclisti l'hanno fatto e sono diventati una potente lobby che ottiene ascolto, noi pedoni siamo veramente gli ultimi proletari, totalmente senza potere. Quindi, PEDONI DI TUTTO IL MONDO UNITEVI! Ma prima, INCAZZATEVI, naturalmente... E fatemi sapere se siete pronti a fondare il nostro movimento.
Alla prossima!

mercoledì 17 febbraio 2010

LE FRECCE? ORMAI LE USANO SOLO GLI INDIANI

Cari e affezionati lettori, vi parrà un argomento futile, ma oggi vi voglio parlare delle frecce... No, non quelle dei film western, ma le banali, umili, inoffensive frecce direzionali delle nostre auto. Vi sarete accorti anche voi che l'uso di questi dispositivi ha subìto - negli ultimi anni - un incomprensibile calo: sembra che indicare a chi ci sta attorno le nostre intenzioni di marcia sia diventato un fastidioso e ridicolo gesto un po' démodé, come togliersi il cappello quando si saluta una signora o mettersi le galosce quando piove. Una faccenda da vecchie dame incipriate o attempati damerini d'antan, assolutamente disdicevole in un mondo come il nostro, che va di fretta e disprezza le buone maniere. Voglio spezzare una lancia per difendere la freccia... Passatemi il calembour. La freccia è utile, impedisce che l'automobilista che sta dietro di te - di solito a una spanna di distanza, in barba a qualunque regola - sia costretto a inchiodare per non sfondarti il retro quando all'improvviso decidi di girare a sinistra, o per far capire a chi attende pazientemente di immettersi che tu svolterai a destra e quindi non lo ostacolerai o, ancora, è un indispensabile strumento di sicurezza quando sei in autostrada a velocità sostenuta e ogni scarto di direzione può rappresentare un potenziale pericolo... Qui veramente la freccia è fondamentale per salvaguardare la vita di tutti. Per questo è davvero incomprensibile notare come la stragrande maggioranza degli automobilisti si dimentichi colpevolmente di farlo, sottovalutandone l'importanza. Mi è capitato spesso di fare le luci a questi "sbadati" (spesso quelli che se ne fregano dei limiti di velocità e filano come missili sui loro Suv da combattimento) e - quando mi guardano interrogativi nello specchietto retrovisore per capire che cavolo voglio - far loro il gesto con la manina a dita alternativamente chiuse e aperte ("metti la freccia, amico!"): loro mi sfanculano, ma io rispondo con un sorriso angelico. Perché essere cortesi quando guidiamo e far sapere al mondo quale direzione intendiamo prendere non è un segno di debolezza: è un segno di civiltà.
Ciao... e ricordatevi che le frecce non le usano solo gli indiani!
Alla prossima, amici!

giovedì 4 febbraio 2010

"DICA, DUCA" E I SALUTI SBAGLIATI

Milano, e in generale la Lombardia, non hanno fama di gran simpatia... Basta farsi un giro in metrò, certe mattine d'inverno: musi lunghi, facce ostili, grinte da paura, saluti o sorrisi guardati con sospetto. Ma le artefici principali di questa nomea non proprio invitante sono le commesse, anche e soprattutto quelle del "quadrilatero della moda", quelle che ti fanno la Tac visiva quando entri per capire se sei una pezzente capitata per caso nel tempio del made in Italy e che infallibilmente ti apostrofano con un arcigno: "Dica", a muso duro, con l'aria di chi ti manderebbe volentieri a quel paese. DICAAA???!!!??? Eh no, carina: tu per prima cosa mi devi salutare, poi devi pronunciare un civilissimo e doveroso: "Mi dica pure, Signora", seguito da un bel sorriso di accoglienza. Hai mai pensato, commessa screanzata, che il tuo stipendio non te lo paga lo stilista di grido, ma i clienti che ti permetti di svillaneggiare? E poi, andiamo, anche se il fidanzato ieri sera ti ha fatto incazzare, stamattina la pioggia ha rovinato il lavoro del tuo parrucchiere o ti è arrivata l'ennesima multa, IO CHE C'ENTRO? A questo genere di personaggi, provate a rispondere con l'esilarante e surreale dialogo di "Totò lascia o raddoppia".. Non ve lo ricordate? Eccolo qui: "Dica, Duca" "No, dica, duca lo dico io. Lei dica duca e io dico dica" "Allora io dico duca" "E io dico dica" "Duca..." "Dica". L'effetto spiazzante è garantito. La commessa vi guarderà come un alieno sbarcato sul bancone con la sua astronave. Forse chiamerà la Neuro. Ma vuoi mettere, che soddisfazione! E poi, forse, con il tempo, dai e dai, anche questo indisponente incipit scomparirà.
Altro capitolo dei "saluti sbagliati" è riservato a quelli che - credendo di fare i fighi o gli originali - rispondono al buongiorno o buonasera con l'irritante "Salve". Ma che, siamo nell'antica Roma? Allora, piuttosto, rispondimi con un bell' "Ave", di gran lunga più gradevole! Anche qui, spiazzateli: al "salve", rispondete pronti "regina"... Per chi di voi non frequenta, sappiate che si tratta della formula che si recita all'inizio e alla fine del rosario. Un po' démodé, ma efficace. Vedrete, smetteranno.
Alla prossima!

lunedì 1 febbraio 2010

IL MOTORE ACCESO

Da un po' di tempo, soprattutto in questo inverno così rigido, sto notando il rinascente fenomeno del "motore acceso": la gente - fregandosene del riscaldamento globale, delle polveri sottili, del costo esorbitante della benzina, del sacrosanto diritto di noi tutti a respirare - si ferma a lato della strada, o nel parcheggio del supermercato, o sotto la scuola del figlio, o sotto casa, con il motore acceso. Non per i pochi secondi necessari a una partenza prudente: per decine di minuti. Mentre la moglie fa la spesa, mentre il marito cerca gli occhiali su in casa, mentre il bambino si mette in fila prima di uscire da scuola, mentre l'amico scende a comprare il giornale... Così, per non fare la fatica di girare la chiavetta dell'accensione o per altri imperscrutabili motivi che sfuggono alla ragione. Mi pare che i motori attuali non abbiano più bisogno di essere accesi un po' prima di muovere le ruote, come una volta, e che "scaldare il motore" sotto le case per un quarto d'ora, quando le nostre città sono già delle camere a gas, sia veramente una manifestazione di grande inciviltà, e - se mi passate il termine un po' forte - di grande idiozia. Già continuare a usare l'auto per andare a stare fermi in coda nel centro delle nostre città congestionate dimostra una cocciutaggine refrattaria a qualunque ragionamento, ma tenerla accesa per niente è troppo. Ho notato con disappunto che lo fanno anche quei soggetti "istituzionali" che per primi dovrebbero dare il cosiddetto "buon esempio": ho visto qualche giorno fa un'auto dei carabinieri ferma - giuro - per oltre 30 minuti a motore acceso a lato di via Vincenzo Monti, a Milano, per misteriose ragioni. E due giorni dopo un furgone della polizia in via Ariosto che ha sputato fumo per 45 minuti, perfettamente fermo, per nessun motivo apparente. Che dire? "Chi tiene il motore acceso avvelena anche te: digli di smettere". Ebbene sì, anche se sono le forze dell'ordine. In attesa che arrivino le nuove tecnologie "start and stop" (cioé i motori intelligenti - loro sì - che spengono e accendono automaticamente il motore) cerchiamo con garbo di far capire ai nostri cari compatrioti che la sosta a motore acceso è roba da anni sessanta, quindi "da vecchi". Vedrete, lo spauracchio farà il suo effetto: in Italia, più nessuno vuole sentirsi vecchio, tutt'al più "diversamente giovane"... Fatemi sapere. Ciao a tutti!