domenica 31 luglio 2011

UN PAESE IPOCRITA

L'Italia va in vacanza, come ogni anno. Ci va con le pive nel sacco, dopo quattro strepitose vittorie ai referendum che però non hanno prodotto il risultato politico che ci aspettavamo: tutto è tragicamente rimasto come prima. A metà del guado, con l'acqua alla gola, ci domandiamo cosa diavolo debba succedere per mandare a casa un'intera classe dirigente che si è rivelata marcia, inetta, rapace, ridicola. Ma ciò che più colpisce è l'ipocrisia che regna sovrana: mentre si sproloquia di "famiglia da proteggere" contro le derive del "relativismo morale", infuriano le notti di Arcore coi loro patetici siparietti da avanspettacolo (ah, quei travestimenti da infermiera col reggicalze!) e si scoprono ogni giorno parlamentari con doppia o tripla vita, che sistemano la moglie a fare consulenze d'oro nelle aziende taglieggiate e le amanti ucraine in hotel di lusso a sbafo, a carico di qualche imprenditore ricattato. Il tutto documentato da intercettazioni vomitevoli, dal linguaggio di incredibile bassezza umana e lessicale. In questo verminaio, le mogli "consulenti" difendono a spada tratta i consorti fedifraghi ("mio marito adora la famiglia e i figli", dichiarano impavide con sprezzo del ridicolo alle tivu), mentre questi ultimi virtuosamente dichiarano di leggere "L'imitazione di Cristo" in carcere in attesa di riabbracciarle (scansando le corna preventivamente apposte, ovviamente). Un altro esempio di ipocrisia nazionale? A noi sudditi arrivano multe e decurtazione di punti per eccesso di velocità (bastano 11 km più del consentito), mentre un deputato europeo della Lega (tal Francesco Speroni) rilascia interviste a Repubblica dall'eloquente titolo "Vado al massimo", spiegando che lui adora andare a 300 all'ora "dove è permesso" (???). Poichè in Italia anche in autostrada il limite massimo è di 130, ci si domanda dove diavolo eserciti questa sua passione.. A Daytona? Sul circuito di Monza? Oppure, più probabilmente, sulle nostre strade, magari usando l'auto blu col lampeggiante che così spesso vediamo sfrecciare in barba a qualunque divieto? Infine, un'ultima perla. E questa volta parliamo di uno di noi (si fa per dire), un cittadino qualsiasi, quel Salvatore Parolisi che abbiamo visto affranto abbracciare la suocera ai funerali della moglie morta ammazzata. Qualche tempo dopo, é stato visto rovistare tra le erbacce in modo sospetto. Alla richiesta di spiegazioni, ha risposto con aria contrita che "stava cercando un fiore da portare sulla tomba della moglie". Che commozione. Si è poi scoperto che cercava di seppellire il cellulare usato per i contatti con l'amante. Ed è stato in seguito arrestato perchè forse l'ha ammazzata proprio lui quella poveretta della moglie, altro che fiori. Dopo mesi di quadretti edificanti, con la descrizione della famigliola modello, dei coniugi "felici e bellissimi", con quegli stereotipi da mulino bianco che ormai danno solo il voltastomaco, il ritratto alla Dorian Gray di questa "bella famiglia italiana" - una delle tante - sta rivelandosi per quello che è: un inferno di tradimenti, scenate e botte da orbi, ben mascherato all'esterno, secondo il noto adagio che impone di "lavare in casa i panni sporchi". Bella sintesi dello spirito nazionale. Come si può dedurre da questi pochi esempi, l'ipocrisia italiana è antica, radicata, trasversale e ubiqua: colpisce in alto e in basso, a destra e a sinistra, a nord e a sud e fa di questo Paese il paradiso della doppia morale, del perbenismo peloso, dei falsi buoni sentimenti. L'ipocrisia è il vero cancro d'Italia. Dove solo l'apparenza conta e la realtà è spesso vergognosa. La vera rivoluzione morale comincerà quando si chiameranno le cose con il loro nome. A partire dalla famiglia.