Cari amici, lo confesso: sono un po' delusa. Come mai non trovo più i vostri commenti? Vi ho molto annoiato? I miei sono brontolii da pentola di fagioli, inutili e deprimenti? Ricevo mail dai più stretti sostenitori, ma nulla dal resto del mondo. Consiglio: invece di mail personali, almeno voi affezionati visitatori, mandatemi commenti sul blog! Magari servirete da buon esempio anche per altri... La speranza è l'ultima a morire.
Ma non è di questo che volevo parlarvi oggi. Nel solco degli intenti dichiarati di questo blog ("Cambiamo noi") volevo mettervi a parte di un piccolo esperimento che sto portando avanti: da qualche mese, ho smesso di indossare l'abituale corazza + celata che nasconde le mie cordialità e ho iniziato a chiacchierare con i miei concittadini ad ogni minimo pretesto. Chessò: il tram non arriva, piove a dirotto da mesi, gli interisti festeggiano devastando di rifiuti piazza Duomo a Milano, ogni occasione è buona per attaccare bottone con passanti sconosciuti. E poi sorrido: alla vecchia signora che si allunga per prendere il detersivo sul ripiano troppo alto, alla ragazza che chiede un'informazione, al barista che mi fa il caffè. E poi ancora, saluto: il giornalaio, il negoziante sotto casa, la cassiera del supermercato, lo stradino che raccoglie le cartacce incivilmente buttate a terra, il peruviano che consegna il pacchetto parcheggiando il furgone in quarta fila.... L'attitudine cordiale è contagiosa. Vedremo aprirsi sorrisi, consolanti e radiosi come il sole dopo il nubifragio (e di questi tempi ne sappiamo qualcosa). Ci accorgeremo che anche i più trucidi concittadini nascondono un'anima sensibile e che tutti, ma proprio tutti, non aspettano altro che ritornare a sentirsi comunità. Perchè ognuno soffre della glaciazione che permea le nostre relazioni con il mondo, tutti avvertiamo con sofferenza il gelo astioso che opprime le nostre città. Ma manca la voglia o forse il coraggio di rischiare il sorriso, il prestito dello zucchero alla vicina, la battuta, l'empatia verso il prossimo. Eppure è da lì che dobbiamo ripartire. Si comincia da piccoli gesti di apertura. Cambiamo noi. Senza aspettare sempre che siano gli altri a farlo. Funziona. Provare per credere.