giovedì 13 maggio 2010

LE MOSTRE E I NUOVI MOSTRI

Cari lettori e amici, devo tornare una volta di più sul tema "i cari angioletti", già affrontato in questo blog. Mi è capitato qualche giorno fa di "tentare" di visitare la bella mostra "I due imperi", al Palazzo Reale di Milano. Dico "tentare" perché - per somma sfiga - ho avuto per compagni di visita un terzetto così composto: mamma di una trentina d'anni, marito o f.f. (facente funzioni) di 50-55 (rispettando l'ormai consueta tradizione dei babbi-nonni) e un bambinello di 2-3, figlio di entrambi. Orbene, la visita - che pregustavo calma e riflessiva, avendo scelto un giorno feriale e un orario in controtendenza, le 13 - si è rivelata una vera tortura. Impossibile leggere le didascali (fondamentali per capire l'ardito raffronto tra l'impero cinese e quello romano, in verità un po' tirato per i capelli..), impossibile concentrarsi sull'osservazione dei reperti, peraltro molto interessanti anche se "difficili", come quelli cinesi. C'erano anche i famosi "guerrieri di terracotta", provenienti da Xian, un luogo che forse non vedrò mai, e quindi doppiamente preziosi. Niente da fare. Il pargolo - al quale venivano spiegati uno ad uno gli oggetti esposti, ad alta voce e con la tipica cantilena dei genitori pedagoghi (una rottura pazzesca!) - dopo un po' si è giustamente seccato e ha iniziato a fare un baccano infernale. Pensate che i genitori abbiano deciso di darsi il cambio, uno portando fuori il figlio urlante e l'altro continuando in santa pace la visita? Niente affatto. Hanno continuato imperterriti a girare per le sale, trascinando il bimbo ormai ingovernabile e disturbando gli altri visitatori, che - pur palesemente contrariati - hanno fatto buon viso a cattivo gioco. Da parte mia, ho cercato di trovare una soluzione rivolgendomi ad una delle sorveglianti e chiedendole se non ritenesse opportuno invitare i due genitori ad allontanarsi. Questa l'ineffabile risposta: "Io non c'entro niente, devo solo verificare che nessuno tocchi le opere esposte. Del resto (e qui arriva la solita frase italiota!) è un bambino, che ci vuole fare?". La solita storia: "sono ragazzi", "sono bambini", che ci vogliamo fare??? Ma i genitori che ci stanno a fare?? E se ti càpita di fare la visita con questi NUOVI MOSTRI, genitori-mucillaggine privi di rispetto per gli altri, incapaci di comprendere una verità lapalissiana - cioè che i bambini così piccoli vanno portati al circo o al parchetto, non alle mostre d'arte - CAVOLI TUOI. Anche se hai il diritto di godere del bene per il quale hai pagato un biglietto, spesso pure salato. E' troppo chiedere a chi organizza questi eventi, agli addetti ai lavori, agli assessori alla cultura, di istituire una semplice regola che vieti l'accesso alle mostre d'arte ai minori di 10 anni? A me parrebbe un provvedimento buono e giusto, che andrebbe a sanare l'evidente mancanza di educazione civica di molti cittadini-genitori, che si ostinano - rovinando a se stessi, ma soprattutto agli altri il piacere della fruizione artistica - a portarsi appresso bimbi piccoli, che non sono in grado di apprezzare e anzi ne sono oltremodo annoiati. Basta poco per ovviare: ci si dà il cambio se si è in due, si affida il piccolo a nonni o baby-sitter (per un paio d'ore, non è la morte di nessuno), insomma ci si organizza. Sono una crimilde mangia-pargoli se dico questo? Una sfasciafamiglie se sostengo il mio/nostro diritto a vedere in pace e silenzio una mostra? Se pretendo che le autorità facciano il loro mestiere stabilendo giuste regole? Fatemi sapere. Sono curiosa di avere un vostro parere. Ciao

2 commenti:

  1. Cara Gabriella, il problema educativo è vastissimo e va inserito nel contesto del rapporto genitori-figli, che è profondamente cambiato. Oggi viviamo in una società che sta pericolosamente scivolando verso l'anarchia, dove le regole esistono solo per essere ignorate e l'autorità (quella intesa in senso positivo) viene sistematicamente disprezzata. Ai bambini si fa capire sin da piccoli che a loro è tutto dovuto e che sono il centro dell'universo (forse per senso di colpa delle madri che lavorano): quindi se vanno male a scuola è colpa dell'insegnante, se non vincono una gara sportiva si fa ricorso, se qualcuno fa un'osservazione li si minaccia e gli si mette le mani addosso (è successo a me quando mia figlia andava all'asilo!). Figuriamoci se gli si impone di tenere la voce bassa visitando una mostra o stando in un luogo pubblico. L'unico metro di misura è l'individuo: faccio quello che voglio quando voglio, e gli altri si arrangino! Ma quando non ci saranno più genitori a spianare la strada a questi bambini divenuti adulti, e dovranno affrontare la vita da soli, che cosa faranno? Impareranno ad essere meno orgogliosi prendendo sonori pugni in faccia o diventeranno violenti per affermare con la forza il loro sconfinato individualismo.
    Per fare il bene dei loro figli, i genitori devono imparare a dire di no, anche sforzandosi, perché soltanto introiettando il senso del limite personale e del rispetto delle regole civili e degli altri si impara a relativizzare sé stessi e ad affrontare la vita psicologicamente preparati. Come diceva un famoso psicologo, "I no aiutano a crescere"!
    Manuela

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  2. Condivido al 100%. La nostra società - cantava un Battiato d'annata - sta tramontando per mancanza di padri. Cioé di qualcuno che sappia ancora dare (e far rispettare anche con la sanzione, se necessario) le regole. Grazie per il tuo commento!

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