venerdì 27 aprile 2012

giovedì 26 aprile 2012

Cari amici,
eccomi di nuovo qui, caricata a molla dopo gli ultimi scandali politici di casa nostra... Una palla mortale, a ben guardare: sempre gli stessi squallidi figuri (lombrosianamente, chi si potrebbe fidare di uno con la faccia di Belsito??), gli stessi vizi da neo-arricchiti di provincia (porsche, diamanti, resort, bagasce...), le stesse scuse penose ("non ne sapevo niente", "l'hanno fatto a mia insaputa"). Ma la cosa che, ho scoperto, li accomuna tutti, i potenti di casa nostra, è la "sindrome di Dorian Gray". Vi ricordate il famoso romanzo di Oscar Wilde, dove i sordidi vizi e le efferate perversioni del protagonista corrompevano solo il suo ritratto, lasciando il suo bel viso angelico mondo da ogni macchia? Ebbene, da noi succede il contrario: tutti i vizi, i tic, le connivenze, gli accomodamenti, le cialtronerie, le arrogantate dei nostri satrapi si stampano subito sui loro visi, degradandoli progressivamente. Vi ricordate com'era Renzi "il rottamatore" ai suoi esordi? Un putto michelangiolesco, paffuto e rubicondo. Ora nèi, macchie e pustole hanno cominciato a corrodergli il visetto dal sorriso volpino, mentre il suo arcinemico D'Alema ormai da tempo mostra un sembiante rinsecchito da quaresimale, corredato da protuberanze e porri da abuso di potere (uno che sta seduto in Parlamento da quasi mezzo secolo, ne ha viste e fatte....). E la galleria potrebbe continuare a lungo: Veltroni e i suoi orridi peduncoli, Berlusconi tutto ponfi e bitorzoli, la vitiligine geografica di Cossiga, le macchie da senescenza di Napolitano, per non parlare della tragica maschera tutta buchi e cicatrici di Martinazzoli buonanima, per questo soprannominato "l'ergastolano".... Ma anche i potenti giornalisti italiani non scherzano: si va dal pallore cadaverico di Ferruccio De Bortoli (mi rifiuto di assegnargli il "de" nobiliare che egli vezzosamente si attribuisce, essendo evidente che si tratta di un patronimico del tutto popolaresco: figlio di Bortolo), al viso lunare di crateri acneici di Aldo Cazzullo (altro cognome che fa pensare), alle escrescenze di Enrico Mentana... E mi fermo qui.
La domanda è: ma con tutti i quattrini che guadagnano - in qualche non raro caso anche fraudolentemente - non possono rendersi almeno guardabili? Cercare quantomeno di non suscitare in noi il ribrezzo?
Dopo averli guardati e riguardati, abbiamo solo un desiderio: non rivederli più.
Antipolitica? No. Solo disgusto. In tutti i sensi.
A casa, a casa. 
E poi, che arrivi finalmente qualcosa di nuovo.



mercoledì 18 aprile 2012

VITA DA CANI

Cari amici vicini e lontani, dopo un'assenza lunga e disagiata dovuta a lavori di ristrutturazione domestica, eccomi di nuovo nella blogosfera. Nel mio forzato allontanamento da casa, sfollata nella triste e trista Milano, ho avuto modo di apprezzare un fenomeno montante: la moltiplicazione esponenziale dei cani. Fino a qualche tempo fa, ce n'erano parecchi, è vero, ma non erano un'orda tracimante da ogni anche minuscolo fazzoletto di verde, tenuti al guinzaglio da orgogliosi proprietari che parlano tra loro degli amatissimi "pets" (non pensate male, è solo la versione inglese di "animali da compagnia") come fossero adepti di una nuova religione. Bisogna stare attenti, in Italia, a parlare di cani: se solo vi scappa una parola di troppo, capace che vi accusano di essere dei Mengele, crudeli persecutori di quadrupedi, torturatori di creature innocenti. Io - per la cronaca - apprezzo molto gli animali, soprattutto quando li incontro nel loro habitat. Un po' meno quando infestano il mio. Mi spiego. Trovo innaturale e vagamente inquietante che una città così arcigna con i nostri cuccioli naturali (i bambini), privati di spazi, ossigeno e luoghi dove correre, riservi tanta cura e devozione ai cani: guardatevi attorno, vedrete i pochissimi angoli verdi cittadini invasi da una moltitudine di animali,  imbrattati da una quantità enorme di cacche, dove correre o camminare è a rischio, mentre il poco che c'è viene sottratto all'uso umano con recinti appositamente dedicati ai cosiddetti "amici a quattro zampe", che poi tanto amici non sono, visti anche i non rari episodi di aggressione. A voler fare un discorso psico-sociologico, trovo ci sia qualcosa di malato in una città dove si uccide un tassista che inavvertitamente investe un cagnetto. Intendiamoci: io non ce l'ho con loro, poveri animali forzatamente inurbati, costretti a vivere in promiscuità col genere umano in appartamenti a stento bastanti ai loro padroni e totalmente inidonei alle loro esigenze. Ce l'ho con i proprietari, che incuranti delle esigenze canine ma anche dei loro simili, li fanno vivere male e nel contempo cacare ovunque, ben raramente preoccupandosi (come sarebbero tenuti per legge a fare) di raccogliere i loro "regalini" (si fa per dire, ho visto escrementi di proporzioni gigantesche...). Per non parlare di tutto quel compiacimento ostentato: "ah, signora, il mio capisce tutto... Mi basta guardarlo e lui risponde". Mah. Penso sempre che se i cani potessero parlare, ne sentiremmo delle belle. E poi, se tutti in città avessero il loro bel quadrupede d'ordinanza (come ormai sembra profilarsi), come la metteremmo? Assisteremmo a lotte fratricide per la conquista dell'ultimo metro quadro di parchetto? Dovremmo muoverci con gli sci ai piedi? Istituire un servizio di vigilanza canina? Che vi devo dire, questo proliferare mi preoccupa: la natura sta morendo e le città si riempiono di cani. Vorrà pur dire qualcosa. Per ora, comunque, la proverbiale "vita da cani" la facciamo noi pedoni, facendo lo slalom sui marciapiedi e sui pochi prati spelacchiati della metropoli. Vorrei istituire l'Ente Protezione Pedoni. Che ne dite?