mercoledì 29 gennaio 2014

ABITUARSI ALLA BRUTTEZZA

Non so se ci avete fatto caso: la bruttezza avanza, in tutte le sue forme. Vedi gente estasiata davanti a un nuovo quartiere che pare una nave impazzita, capitanata da Schettino, navigante tra le belle e austere forme delle case ottocentesche, a Milano Fiera. Un quartiere che un tempo era considerato elegante, ora sfregiato dall'inserimento di queste orrendi palazzi in stile tardo-demenziale, opera dell'archistar Zaha Hadid (una donna... peccato), calate come un'astronave aliena e altrettanto stranianti. Il quartiere si chiama City Life (nome che fa presagire un futuro metropolitano terrorizzante) ed ha fatto infuriare diversi Comitati cittadini, che invano si sono battuti per evitare questo sfregio. Niente da fare, gli interessi in gioco erano troppo grossi e la Moratta non era certo una paladina della tutela. Eppure la gente comincia a farci il callo e quasi quasi - in nome di una malintesa "modernità" - arriva a giustificare questa operazione di pura speculazione, per nulla redenta da una qualsivoglia dignità architettonica o di utilità sociale.
Ma non è solo questo a turbarmi. Ci avete fatto caso ai déhors dei nostri bar milanesi? Sono spesso gabbiotti prospicienti strade trafficate e inquinatissime, dove solo aspiranti suicidi a miccia lenta amerebbero conversare con un bicchiere in mano. Invece no, qui nella città di M fa figo recarsi in questi luoghi di rara bruttezza, con decibel che obbligano ad urlarsi nelle orecchie e aria zeppa di polveri sottili, quasi fossero terrazze sul mare, cullate dallo sciabordio delle onde.
Poi, fate caso alla quantità incredibile di rifiuti abbandonati ovunque, sui marciapiedi, lungo le strade, traboccanti dai cestini, gettati con noncuranza nei pochi giardini spelacchiati della città, appoggiati sui davanzali delle finestre, lasciati a marcire nei corsi d'acqua e nei parchi. Un diluvio universale di pattume, una piaga apocalittica. Nessuno pare badarci. Nessuno se ne cura. Nessuno, tantomeno, provvede a rimuoverli, quasi facessero parte del paesaggio urbano.
Non vi pare che sia la prova provata del nostro lento, ma inesorabile adattamento al brutto?
Nessuno che si ribelli, nessuno che se ne senta offeso, nessuno che reagisca facendo qualcosa in prima persona, che si opponga a una realtà che ci obbliga a vivere così malamente. Anzi: tutti quanti a far finta di niente, utili idioti che mangiano cacca fingendo che sia cioccolata...

"E' la bellezza che salverà il mondo", diceva Dostoevskij.
Vorrei invitarvi a boicottare la bruttezza dovunque essa si manifesti, perché abbiamo più bisogno di bellezza che di ricchezza.
Facciamone il nostro motto, agiamo per portarla ovunque intorno a noi. Lottiamo per farla rinascere.
Altrimenti il nostro mondo sarà destinato a sprofondare, senza scampo.