martedì 2 marzo 2010

UN PRIMO MARZO SU CUI RIFLETTERE

Oggi, mentre passeggiavo per Milano, notavo qualcosa di strano nel paesaggio umano: non c'erano vecchietti malfermi sostenuti da badanti, né bambini in passeggino spinti da signore di colore, né i soliti crocchi di colf multicolori che si fanno compagnia mentre i cani loro affidati corrono festosamente sui prati spelacchiati che la città avara può offrire... In compenso, vedevo molti figlioletti stranamente affidati a nonne un po' spaesate, e molti altri da soli - come se fosse giorno di vacanza scolastica - a giocare a pallone nel parco. Mentre col retrocranio registravo queste strane immagini, così poco consuete, mi domandavo cosa mai avesse potuto produrre un cambiamento tanto drastico.... Poi, ho letto il giornale. Ma certo! Oggi era il primo giorno di sciopero dei lavoratori extracomunitari, un nome orribilmente burocratico per definire tutte quelle persone che da anni risiedono nel nostro Paese e ci assistono in mille necessità, svolgendo lavori e prestando cure di cui non vogliamo più occuparci. Proprio loro, i silenziosi compagni delle nostre vite, quelli che puliscono le nostre case, sorvegliano le portinerie dei nostri bei palazzi, crescono i nostri figli mentre noi siamo impegnati a fare carriera o, molto più semplicemente, guadagnarci da vivere, accudiscono i nostri vecchi ai quali non abbiamo più spazio e tempo da dedicare. E' inutile girarci attorno: da tempo i nostri stili di vita ci hanno imposto di separarci dalle persone più fragili e bisognose di cure, i soggetti sociali che - non avendo più o non avendo ancora la capacità di produrre reddito (unica attività degna di rispetto in questo contesto storico-economico) - vengono relegate a cure mercenarie, per permettere a noi di produrlo, questo maledetto reddito: i nostri figli, i nostri padri, le nostre madri, cioé il nostro futuro e il nostro passato, due dimensioni che hanno sempre meno spazio e rilevanza nella società attuale, che vive di un ossessivo presente consumante. Conosco casi di paradossale, cosmica iniquità, dove baby sitter cingalesi sono costrette dal bisogno ad abbandonare i loro bambini in patria per venire qui a curare i nostri, dilaniate dal dolore e dalla nostalgia: bambini che non vedranno crescere, esattamente come noi, che i nostri li vediamo solo alla sera, per un tempo breve e già esausto dalla lunga giornata. Io non so, davvero, come e cosa dovrebbe cambiare in questo stato di cose paradossale e tragico: il problema è troppo grande e complesso. Ma di certo so che questo primo marzo ci deve far riflettere su come siamo ridotti tutti quanti. E chiederci se è giusto, se è immutabile, se è umano. Per questa volta, non ho suggerimenti da dare nè a me, nè a voi, se non quello, umile e sommesso, di tenerci da conto queste persone preziose e lottare perchè ci sia un futuro più giusto in cui possano tornare dai loro genitori, dai loro figli lontani. E noi dai nostri.

1 commento:

  1. Gabriella, mi hai chiesto di essere cattiva, ma, se devo essere proprio sincera, a me questo tuo blog è piaciuto davvero molto e vorrei conoscere queste persone che "si addormentano mentre lo leggono" per capire a cosa sono abituati di solito! L'importante non è l'impaginazione di un articolo o il colore dello sfondo, se una persona vuole conoscere le tue impressioni sul mondo, penso che ciò che gli interessa sia ciò che scrivi e non altro!
    Questi tuoi interventi mi sono piaciuti molto, credo che tu abbia ragione, Milano sta degradando in una maniera impossibile da seguire e sostenere. Bisogna fare qualcosa per non finire in quella grande discarica che, se si continua così, diventerà la nostra città.
    Ti mando un grande bacio, ottimo lavoro! Marina

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