E con questa accorata preghiera, vi mando un augurio sincero di felice e spensierata Pasqua, con affetto
P.S.
Per par condicio, vi segnalo qui sotto l'opinione dell'agnello
Se ciascuno di noi pulisce davanti alla propria porta, tutta la città sarà pulita
Siamo felici, noi donne, dei 6 Oscar assegnati a Kathryn Bigelow, guardacaso proprio il fatidico 8 marzo? Personalmente, non capisco gli hurrà di giubilo. La signora è certamente brava e bella, ha avuto anche la soddisfazione non piccola di prenderne due (di statuette) più dell'ex-marito, agguerritissimo concorrente con il suo kolossal "Avatar". Sono cose - come dice una pubblicità - che non hanno prezzo. Ma il contentino dell'8 marzo, diciamocelo, comincia a sapere di muffa. Intanto ci fanno sapere (fonte Istat) che le donne qui in Italia - lo sfasciume pendulo in mezzo al Mediterraneo - a parità di mansioni, guadagnano il 20% in meno rispetto agli uomini e in compenso lavorano in casa il 40% in più, cosa della quale peraltro ci eravamo accorte anche da sole. Cosa manca dunque a noi tutte per sfondare il soffitto di cristallo che ci tiene sempre "sotto"? A mio parere, un paio di cosette di non facile soluzione, in quanto entrambe profondamente connaturate nella cultura subalterna che ci viene inflitta fin da bambine: 1) che per farsi largo nella vita bisogna essere sessualmente attraenti, mentre ai nostri colleghi uomini è concesso di essere serenamente grassi o calvi o banalmente inguardabili senza che questo incida minimamente sulla loro aspettativa di carriera. Mi irrito sempre quando qualcuno commenta in senso estetico una donna politica o una scienziata, come se il requisito della bellezza fosse un elemento di giudizio professionale. Ma vi siete visti???? 2) che le altre donne sono nemiche da cui guardarsi. E' un tasto delicato, ne sono consapevole, ma è ora di parlare apertamente dell'invidia e della gelosia che proviamo per le altre donne, più belle o più brave o più fortunate di noi. E della nostra tragica incapacità di fare squadra, di essere solidali. Un esempio? Uno banale, ma diffusissimo. Ho più volte sentito dire, anche da persone acculturate, che in caso di tradimento del marito le maggiori vendette sarebbero state riservate all' "altra". Strano, no? Il patto di fiducia l'abbiamo con un lui, è lui che ci tradisce, ci nega, ci fa sentire rifiutate, ci offende, ma noi le nostre invettive le riserviamo principalmente a LEI, la rubamariti, la sfasciafamiglie, la puttana. Riflettiamoci: sembra una cosa da poco, ma dentro questo odio c'è tutto il nostro sentirci gregarie, incapaci di avere con il maschile il rapporto di pari dignità che dovrebbe essere normale. Per questo ce la prendiamo, stoltamente ma significativamente, con un'altra donna, invece di rompere una vaso da fiori sulla testa di lui, unico traditore del nostro amore e della nostra fiducia. Concludo questa mia riflessione un po' amara invitandovi/mi - ogni volta che proviamo invidia o gelosia verso una donna - a chiederci se in quel momento non stiamo ancora una volta ribadendo la nostra "sindrome del pollaio": beccarci tra noi per avere l'attenzione del gallo.
Oggi, mentre passeggiavo per Milano, notavo qualcosa di strano nel paesaggio umano: non c'erano vecchietti malfermi sostenuti da badanti, né bambini in passeggino spinti da signore di colore, né i soliti crocchi di colf multicolori che si fanno compagnia mentre i cani loro affidati corrono festosamente sui prati spelacchiati che la città avara può offrire... In compenso, vedevo molti figlioletti stranamente affidati a nonne un po' spaesate, e molti altri da soli - come se fosse giorno di vacanza scolastica - a giocare a pallone nel parco. Mentre col retrocranio registravo queste strane immagini, così poco consuete, mi domandavo cosa mai avesse potuto produrre un cambiamento tanto drastico.... Poi, ho letto il giornale. Ma certo! Oggi era il primo giorno di sciopero dei lavoratori extracomunitari, un nome orribilmente burocratico per definire tutte quelle persone che da anni risiedono nel nostro Paese e ci assistono in mille necessità, svolgendo lavori e prestando cure di cui non vogliamo più occuparci. Proprio loro, i silenziosi compagni delle nostre vite, quelli che puliscono le nostre case, sorvegliano le portinerie dei nostri bei palazzi, crescono i nostri figli mentre noi siamo impegnati a fare carriera o, molto più semplicemente, guadagnarci da vivere, accudiscono i nostri vecchi ai quali non abbiamo più spazio e tempo da dedicare. E' inutile girarci attorno: da tempo i nostri stili di vita ci hanno imposto di separarci dalle persone più fragili e bisognose di cure, i soggetti sociali che - non avendo più o non avendo ancora la capacità di produrre reddito (unica attività degna di rispetto in questo contesto storico-economico) - vengono relegate a cure mercenarie, per permettere a noi di produrlo, questo maledetto reddito: i nostri figli, i nostri padri, le nostre madri, cioé il nostro futuro e il nostro passato, due dimensioni che hanno sempre meno spazio e rilevanza nella società attuale, che vive di un ossessivo presente consumante. Conosco casi di paradossale, cosmica iniquità, dove baby sitter cingalesi sono costrette dal bisogno ad abbandonare i loro bambini in patria per venire qui a curare i nostri, dilaniate dal dolore e dalla nostalgia: bambini che non vedranno crescere, esattamente come noi, che i nostri li vediamo solo alla sera, per un tempo breve e già esausto dalla lunga giornata. Io non so, davvero, come e cosa dovrebbe cambiare in questo stato di cose paradossale e tragico: il problema è troppo grande e complesso. Ma di certo so che questo primo marzo ci deve far riflettere su come siamo ridotti tutti quanti. E chiederci se è giusto, se è immutabile, se è umano. Per questa volta, non ho suggerimenti da dare nè a me, nè a voi, se non quello, umile e sommesso, di tenerci da conto queste persone preziose e lottare perchè ci sia un futuro più giusto in cui possano tornare dai loro genitori, dai loro figli lontani. E noi dai nostri.